Saluzzo: Animazione e Repressione. A un anno dal corteo per la casa di braccianti e disoccupati migranti.
Scriviamo queste righe per prendere le distanze dall’odiosa ipocrisia dell’evento “La solidarietà non ha frontiere”, che si terrà a Saluzzo in relazione alla strage dei migranti a Lampedusa del 3 ottobre 2013. Un evento – organizzato da Comitato Antirazzista Saluzzese e progetto “Africa in Giardino” della Caritas – che si terrà domenica 4 ottobre all’interno del campo-tendopoli istituzionale dove vengono confinati e controllati braccianti sottopagati e disoccupati migranti durante la stagione di raccolta della frutta che va da maggio a novembre.
Una replica di quanto avvenne l’anno scorso, il 12 ottobre, quando il Comitato Antirazzista Saluzzese organizzò un’iniziativa analoga sempre all’interno del ghetto – perchè quello è lo spazio dove agisce il confine del colore e della classe per i “neri” a Saluzzo – senza nemmeno informare lavoratori e disoccupati. Fruitori passivi in un certo immaginario “solidale” (ma quest’anno è addirittura previsto un loro intervento!), che però quel giorno decisero di prendersi il microfono e la strada con un corteo che attraversò il centro di Saluzzo per rivendicare il bisogno di una CASA PER TUTTI, suscitando l’ira di qualche antirazzista che sentiva il proprio evento oscurato e la minaccia della revoca dei documenti da parte delle forze dell’ordine.
Ad un anno di distanza da quella rivendicazione, manifestazione di esistenza e presa collettiva di parola e di spazio, mentre i compagn* del Coordinamento Bracciantile vengono tenuti a distanza, con intercettazioni e pedinamenti, ricatti e continui controlli a chi si trova nel campo, qual è la situazione a Saluzzo?
Animazione e Repressione. Questa è la cifra del governo della manodopera a chiamata, senza casa, nel laboratorio del controllo delle campagne del Nord. Mentre la violenza dello sfruttamento lavorativo continua ad agire indisturbata – fatta di paghe orarie sotto il minimo sindacale, lavoro a cottimo, giornate non segnate in busta paga, assenza di tutela sanitaria, morte mentre si percorrono lunghissimi km in bicicletta per raggiungere i campi, come successo quest’anno a Komlan Segbedy, bracciante proveniente dal Togo – il campo istituzionale si consolida come strumento di sorveglianza e annullamento delle soggettività. Nell’evacuazione di ogni discorso sindacale e politico, nell’impedimento di percorsi assembleari auto-organizzati, la vita degli “africani” viene sondata e schedata, mentre le forze dell’ordine ampliano la loro rete di informatori interni. Il resto lo fanno le pacche sulle spalle o gli antidepressivi, oltre ad un fitto programma di animazione dei “bianchi” per i “neri”, mentre il sindaco democratico si fa fotografare per dichiarare che i soldi per gli “africani” li mette solo la Caritas e non certo lui, la Coldiretti non viene mai chiamata in causa, i sindacati confederali come sempre non sono pervenuti. Così la vita nel campo può continuare a scorrere alienata, la grande economia agroindustriale può continuare a fare profitto sulla pelle dei lavoratori, i poteri forti del territorio possono continuare a dormire sonni tranquilli.
Per questo il collettivo Askavusa rifiuta ogni riferimento e citazione per l’evento legato alla strage dei migranti del 3 ottobre organizzato in un campo dove la soggettività viene ridotta a zero, a pura dipendenza o a utile presenza per estrarne valore o confezionare racconti da postare sul web. Nei nostri territori si moltiplicano ghetti e centri di detenzione. Contro questi spazi di gestione “dell’eccedenza e dell’emergenza”, sempre più la norma, contro lo sfruttamento del lavoro, contro la mancanza di casa, reddito e salute, contro tutti gli abusi volti a comprare il silenzio dei migranti, a ricattarli e dividerli, lotteremo sempre.
I confini sono a Lampedusa come a Foggia, Rosarno, Carmagnola, Saluzzo. Sono in ogni campo “solidale”, in ogni Cie e negli hotspot che verranno. Sono nella testa di tutta l’umanità bianca e ipocrita che pensa di nascondere i bisogni e le rivendicazioni essenziali per poter vivere in modo dignitoso proponendo due salti al concertino reggae o proiettando un film o organizzando una partita di pallone. Contro la perversa maniera di rendere tutto e tutti dipendenti, zitti e obbedienti, grideremo sempre più forte, a Saluzzo come altrove.
Basta sfruttamento, basta ghetti, basta campi. Giusto salario, casa, salute e libertà di movimento per tutt*!
Lampedusa – Saluzzo, 29 settembre 2015
Collettivo Askavusa/ Coordinamento Bracciantile Saluzzese