Il garante dei detenuti in visita all tendopoli di S.Ferdinando: una riflessione.

La notizia che il garante nazionale dei diritti dei detenuti si sia recato in visita alla tendopoli di San Ferdinando è al contempo assurda ed estremamente eloquente. Da una parte, è una chiara dichiarazione da parte delle istituzioni di quello che noi ripetiamo da tempo: la tendopoli di San Ferdinando, come del resto tutto il sistema di “accoglienza” in Italia, è una prigione e i suoi “ospiti” sono detenuti. Tenuti sotto scacco se non da sbarre, da recinti, badge con l’impronta digitale, polizia ai cancelli e il ricatto di perdere il posto se ci si allontana, di poterlo avere soltanto se muniti di documenti validi, e di poter mantenere i suddetti documenti soltanto se si accetta di essere trasferiti in queste nuove prigioni. Il garante ci libera così finalmente dall’assurdo vocabolario della buona accoglienza e ci fa vedere le cose per come stanno.
La vera assurdità, invece, sta nelle sue conclusioni, quando parla di “passi avanti” e afferma che la vita delle persone in tendopoli è soggetta a “ragionevole regolamentazione (divieto di accesso ai non residenti; necessità di un’autorizzazione a mantenere il posto letto in vista di un’assenza prolungata), senza intromissioni troppo invasive nella sfera della libertà personali”.
Com’è possibile parlare di controllo e limitazioni alla libertà e al movimento “ragionevoli”? Chi vive in quelle tende sono braccianti, lavoratori che devono lottare ogni giorno contro la macchina repressiva dello stato e dei padroni per avere un documento e un contratto di lavoro, che da anni chiedono case vere e trasporti sicuri. Sono quelli che muoiono per strada e nei campi ad ogni stagione, eppure questo comunicato ci dice che è giusto che le braccia dell’agricoltura in Italia stiano in prigione, in tende spesso senza acqua né elettricità, e che tutto ciò è ragionevole – probabilmente perchè sono ‘stranieri’, ‘immigrati’, ‘neri’. A pochi giorni dallo sgombero della fabbrica occupata vicino alla tendopoli, ai cui abitanti non è stata data ancora nessuna alternativa, e alla minaccia di sgombero della vecchia baraccopoli, torniamo a ripetere che le tende non sono e non saranno mai la soluzione, e che i lavoratori e le lavoratrici delle campagne vogliono e meritano case!

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