Nulla sembra essere cambiato nelle campagne del Tavoliere, nonostante i proclami della Regione Puglia. La stagione di raccolta del pomodoro che sta per concludersi è trascorsa come al solito: paghe da fame, lavoro a cottimo, orari massacranti, caporalato, vita in baracca, irregolarità e in alcuni casi vera e propria segregazione. Sullo sfondo, una beffarda quanto inutile differenza: una tendopoli pressoché vuota e liste di prenotazione rimaste lettera morta, a testimoniare la prevista inefficacia degli interventi istituzionali. Avremmo preferito sbagliarci. E invece, tutto si sta svolgendo come da copione: se qualcuno abita le tende blu, non sono certo gli ex residenti del Grand Ghetto di Rignano, ma persone provenienti da altri contesti. E c’è chi vocifera che nella tendopoli si stia organizzando una compravendita di posti letto. Anche qui, un copione già letto, a Rosarno ad esempio.
La buona notizia, che apparirà nuova solo agli osservatori più distratti, è che i lavoratori e le lavoratrici straniere/i della Capitanata hanno fatto sentire la propria voce. Già un anno fa chiesero alla Prefettura e all’Ispettorato del Lavoro foggiani maggiori garanzie e tutele. Quest’anno, chi vive almeno per parte dell’anno nei molti ghetti della pianura pugliese, ma anche nelle città o nei paesi della provincia di Foggia, e che condivide gli stessi problemi degli ormai famosi abitanti del Grand Ghetto, ha fatto presente alla Regione Puglia e alla Prefettura di Foggia tutte le carenze di una macchina istituzionale che si muove con superficialità e incompetenza, e unicamente per un ritorno di immagine. La casa, il lavoro gravemente sfruttato e i documenti sono i problemi che accomunano tutte e tutti, e che i fallimentari interventi della Regione e dei suoi partner istituzionali non scalfiscono di una virgola.
Le lavoratrici e i lavoratori, sostenuti da altre precarie e precari di varie provenienze, hanno chiesto chiarimenti circa la destinazione dei soldi stanziati per il progetto regionale ‘Capo Free, Ghetto Off’, senza peraltro ottenerli. Il 29 agosto una delegazione ha incontrato a Bari il responsabile della ‘task force’ incaricata di implementare il progetto. A quanto pare, a fronte di una spesa di circa 60 mila euro per l’unica tendopoli costruita (su cinque previste), la Regione intende investire il rimanente (più di un milione e duecentomila euro) per…la gestione delle tendopoli. È questa l’unica, evasiva e paradossale risposta che abbiamo ottenuto, a fronte dell’evidente fallimento di questo modello emergenziale. Il responsabile della task force ha però aggiunto che, visto l’insuccesso del campo già costruito, per ora non è in cantiere l’allestimento di nessun altro sito analogo. E quindi? Dove spariranno i soldi? Non c’è che dire, l’assessorato alla trasparenza e alla legalità si dimostra all’altezza del suo mandato. Per il resto, soltanto insulti, manipolazioni e tentativi di imbonire i presenti all’incontro in Regione. Alla richiesta di mettere in campo interventi che potenzino i trasporti, ci è stato risposto che già sono in cantiere progetti per distribuire biciclette e insegnare ai lavoratori come ripararle. No comment. I dirigenti della Regione che tutte le mattine fanno in bicicletta i pochi chilometri che li separano dal posto di lavoro, come orgogliosamente proclamano, dovrebbero provare che cosa significa percorrere all’alba la sconfinata pianura del Tavoliere alla ricerca di una giornata di dieci ore di lavoro nei campi. E, loro sì, dovrebbero imparare a riparare le loro biciclette fashion, magari da quegli stessi lavoratori che per necessità già lo fanno.
Ma i lavoratori non si sono arresi, e la settimana successiva, il 5 settembre, si sono organizzati in presidio sotto la prefettura di Foggia. Dalla vice-prefetta, che ha ricevuto una delegazione, poche e timide aperture, dopo aver frapposto molti muri, soprattutto sul fronte dei documenti. Davanti ad una situazione drammatica, in cui molti perdono il permesso di soggiorno per colpa di una questura in cui vige l’arbitrio più totale, e di comuni che si rifiutano di rilasciare le residenze a chi è considerato senza fissa dimora, la dottoressa Daniela Aponte si è impegnata ad intervenire. Staremo a vedere. Incalzata sul mancato riconoscimento del gratuito patrocinio a chi si appella contro il diniego di una richiesta di asilo, invece, la vice prefetta ha osato sostenere che in questo paese il gratuito patrocinio non esiste più, perché il Ministero di Grazia e Giustizia ha finito i soldi. Per quel che riguarda i problemi rispetto a casa e lavoro, poi, solo vaghe promesse e richieste di proposte più concrete. Che certamente non tarderemo a fornire. Dopotutto, non possiamo che prendere atto dell’incompetenza, della sfacciataggine e dell’indolenza del potere, e fare di tutto per prendere in mano i nostri destini. Questi sono solo i primi passi di una mobilitazione che dovrà continuare, e crescere, nei mesi a venire, in questo come in altri territori.
Comitato Lavoratori Autorganizzati, Rete Campagne in Lotta
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