SI SCRIVE LEGALITA’, SI LEGGE SFRUTTAMENTO. LAMORGESE RISPONDI!
Un presidio di lavoratori delle campagne e solidali ha accolto la Ministra Lamorgese, accorsa stamane a Foggia per inaugurare la locale sezione della Direzione Investigativa Antimafia, un presidio di presunta legalità in una terra dipinta come avamposto di pericolosi criminali. È curioso che un rappresentante del governo possa fregiarsi di essere paladino della legalità quando avalla sistematicamente torture, stupri ed omicidi con lauti finanziamenti a coloro che le stesse istituzioni (italiane, europee, internazionali) definiscono come trafficanti di esseri umani. Parliamo ovviamente della Guardia Costiera libica e dei lager in cui rinchiudono i migranti, ma ovviamente il sigillo ufficiale alla violazione delle più basiche tutele da parte delle autorità italiane non si limita a contesti extraterritoriali. Sono decenni che il comparto agro-industriale in Italia si regge sul lavoro iper-sfruttato di persone mantenute in uno stato di forzata illegalità a causa delle leggi sull’immigrazione. Chi lavora nelle campagne della provincia di Foggia (e parliamo di decine di migliaia di persone) è spesso sopravvissuto a quelle torture di cui lo stato italiano è complice. E, come se non bastasse, quando arriva in Italia si vede negare anche il riconoscimento di una protezione internazionale che gli permetterebbe di lavorare in regola. Anni di retorica sulla lotta al caporalato non hanno mai preso in considerazione questo semplice fattore, nonostante le lotte auto-organizzate di lavoratrici e lavoratori l’abbiano sempre messo al centro delle loro rivendicazioni. E anzi, sempre di più chi osa chiedere il minimo indispensabile – un documento, un contratto, una casa e il trasporto per andare a lavorare senza dover rischiare la vita ogni giorno – viene punito dalle leggi, quelle sì applicate con zelo, che reprimono il dissenso. Lamorgese e il suo governo non hanno nemmeno il coraggio di abrogare gli ultimi decreti sicurezza, temendo di perdere i voti di un elettorato che hanno nutrito per decenni di paure e pregiudizi.
Per smascherare questa miserabile ipocrisia, lavoratori e solidali hanno chiesto risposte riguardo alle loro richieste di documenti, avanzate da anni ed in ultimo lo scorso 6 dicembre, quando in concomitanza con un duplice blocco, in Capitanata e nella Piana di Gioia Tauro, una piattaforma di rivendicazioni era stata consegnata proprio al Ministero dell’Interno. Che, ovviamente, si guarda bene dal rispondere. Ma la determinazione di chi non ha da perdere che le proprie catene non si arrende di fronte al muro di silenzio. Non avremo pace finché non ci darete almeno la possibilità di decidere dove vivere, quando e come spostarci, e di guadagnarci da vivere senza spezzarci la schiena e morire per un tozzo di pane. DOCUMENTI, CASE, CONTRATTI E TRASPORTI PER TUTTI! LAMORGESE RISPONDI!