RESOCONTO SULLE SOLUZIONI ABITATIVE PROGETTATE E REALIZZATE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO

E’ a partire dalla seconda rivolta dei lavoratori africani della Piana di Gioia Tauro, avvenuta il 7 gennaio 2010, che il governo italiano, di concerto con altre istituzioni a livello locale ed europeo,   interviene per stabilizzare la condizione abitativa dei migranti impiegati nella raccolta degli agrumi. Fino a quel momento, nella maggior parte dei casi essi erano alloggiati in ripari di fortuna – perlopiù fabbriche o casolari abbandonati, senza alcun servizio e isolati rispetto ai centri abitati. Ripercorriamo qui la storia di questi interventi, ritenendo che sia in atto un ennesimo tentativo di mistificazione della realtà, coadiuvato dall’ignoranza e finalizzato alla speculazione e allo sfruttamento.

 

Tendopoli e campo container

Nell’inverno 2012, in concomitanza con l’inizio della stagione di raccolta degli agrumi, furono inaugurati una prima tendopoli ed un campo container nella Zona Industriale, rispettivamente di competenza dei comuni di San Ferdinando e di Rosarno ed entrambi gestiti da un’associazione evangelica di nome ‘Il mio amico Jonathan’, con sede a Rosarno. Ben presto nella tendopoli i residenti eccedettero la capienza prevista. Al disagio del sovraffollamento si aggiunse il fatto che  la struttura sorgesse su terreno non idoneo e soggetto ad allagamenti, peraltro in deroga al progetto iniziale che prevedeva diversa ubicazione.

Già da quei primi mesi, i residenti della tendopoli manifestarono più volte il loro malcontento all’allora sindaco di San Ferdinando (poi arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa), anche rispetto al comportamento dell’ente gestore – che a loro dire prometteva documenti e l’accesso a case vere in cambio di denaro. Nella fattispecie, i residenti lamentavano che si chiedesse un corrispettivo monetario per inserirli nelle liste d’attesa del cosiddetto “Villaggio della Solidarietà”. Si tratta di una serie di case prefabbricate per un totale di 210 posti, site nel comune di Rosarno su terreni confiscati, finanziato con PON SICUREZZA del Viminale per 2 milioni di euro. Doveva essere consegnato nel 2013, ma il progetto venne bloccato per ben due volte a causa di una interdittiva antimafia, e modificato in corso d’opera così da prevedere anche una zona adibita ad uffici, mai realizzata. Il progetto non è mai stato terminato, ma nel 2016 12 famiglie del luogo occupano diversi appartamenti del Villaggio, affiggendo uno striscione che recita ‘prima i rosarnesi’. A detta del settimanale L’Espresso (10 luglio 2018), questa occupazione fu avallata da Vincenzo Gioffrè, consigliere comunale a Rosarno, attualmente ritenuto uomo di collegamento tra la ‘ndrina dei Pesce e la Lega, a cui ha portato i voti delle ultime elezioni. Da quel momento, il Villaggio della Solidarietà sarà off-limits per i braccianti africani.

 

La prima tendopoli venne evacuata dopo pochi mesi, ad inizio 2013, e ricollocata su un terreno adiacente. A fronte di una richiesta di denaro da parte del Comune di San Ferdinando e dell’ente gestore per poter accedere al nuovo campo, gli abitanti, nei primi mesi del 2013, opposero resistenza ed ottennero di potervi accedere gratuitamente, senza ricevere gli aiuti alimentari previsti. L’ente gestore perse quindi l’appalto, e da allora è stata la Caritas ad aggiudicarsi, per alcuni periodi e tramite assegnazione diretta da parte della Prefettura, fondi per la gestione di alcuni servizi nella tendopoli. I servizi minimi gestiti dal comune sono subito risultati carenti e nel tempo sono stati progressivamente smantellati. Nei capannoni circostanti (costruiti con finanziamenti pubblici e rimasti vuoti da allora), altre centinaia di persone hanno trovato riparo negli anni, anche qui subendo ripetuti sgomberi. Alcuni degli insediamenti precedenti la rivolta, in altri comuni della Piana, sono rimasti abitati da altre centinaia di persone (Melicucco, Russo).

 

Negli anni, la tendopoli è stata inglobata all’interno di una baraccopoli più volte incendiata, o rasa al suolo dalle ruspe e poi ricostruita, ed il campo container è ancora abitato. Intanto nella stessa area, tra il 2016 e il 2018 sono sorte atre due tendopoli. La prima, ad alta sicurezza,  avrebbe dovuto riassorbire gli abitanti dell’ormai baraccopoli in possesso di permesso di soggiorno. In realtà nessuno ha mai realmente abbandonato il vecchio insediamento, anche visto che in questa nuova tendopoli i servizi sono carenti e cucinare è pressoché impossibile. Anzi, la baraccopoli ha continuato ad espandersi. La seconda è stata installata per rispondere all’emergenza dopo l’incendio in cui a gennaio 2018 è morta Becky Moses.

Nel tempo, gli abitanti hanno dato vita a numerose proteste per le condizioni di vita, chiedendo un’alternativa, l’accesso ai servizi e ai documenti. Alcuni mesi fa, la Prefettura ha dichiarato l’intenzione di costruire un nuovo campo container in prossimità dell’inceneritore di Gioia Tauro, perché a detta delle autorità l’Area Industriale dovrebbe essere definitivamente sgomberata per lasciare spazio al progetto di Zona Economica Speciale. Nel frattempo, a chi è in possesso di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria o asilo politico (un’esigua minoranza) è stato proposto di trasferirsi in alcuni centri SPRAR fuori della Piana di Gioia Tauro. Come prevedibile, la maggior parte si è rifiutata, poiché un trasferimento equivarrebbe a dover ricominciare tutto daccapo, e anche chi ha accettato se n’è ben presto pentito ed ha fatto ritorno nel ghetto. A colpi di annunci e smentite, ad oggi, con la stagione di raccolta iniziata da tempo, non si è risolto nulla. Il 1 febbraio 2019 la polizia sta eseguendo un censimento delle persone presenti nella vecchia tendopoli, ma non ha fornito indicazioni precise circa la motivazione – pare si tratti del primo passo per ricollocare gli abitanti, ma non è dato sapere dove. Alcuni abitanti dichiarano di aver sentito le stesse proposte di sempre – SPRAR e container, ma solo per alcuni. Non si parla degli irregolari né della situazione delle donne, alcune con bambini.

 

In generale, una parte dell’area industriale di San Ferdinando è stata dal 2012 adibita a campo per  migliaia di persone – di cui la maggioranza impiegata come bracciante in condizioni di grave sfruttamento. Le loro richieste e rivendicazioni riguardo la casa non sono state ascoltate, nonostante i braccianti stagionali avrebbero diritto ad un alloggio gratuito, fornito dai datori di lavoro.

 

Alloggi costruiti con fondi europei

Ma, già dal 2011, erano stati finanziati progetti edilizi esplicitamente destinati agli immigrati.

  1. CASE IN VIA MARIA ZITA (ROSARNO) COSTRUITE SU BENE SEQUESTRATO: la struttura era negli elenchi del comune di Rosarno come bene confiscato, ed era stata oggetto di ristrutturazione quale sede del Comando di polizia municipale, ma poi gli uffici comunali preposti hanno stabilito la mancanza dei requisiti edilizi. La giunta Tripodi decise quindi che su quel terreno si costruissero unità abitative – mini appartamenti destinati agli immigrati con regolare permesso di soggiorno. Il progetto, “Immigrati in Calabria” (POR Fes), per un importo di 3.080.000 euro, è stato presentato nel 2011 nel Comune di Rosarno: le fasi esecutive furono approvate dalla giunta e dal commissario prefettizio, nell’ambito di un Piano regionale finanziato dall’Unione Europea per la “Creazione di una rete di accoglienza abitativa e di inclusione sociale nelle aree urbane”, che ha interessato, oltre Rosarno, i comuni di Vibo Valentia, Lamezia Terme, Crotone e Corigliano. I lavori sono iniziati nel 2016, è stata abbattuta la vecchia struttura per costruire 6 alloggi di 150 metri quadri, attualmente pronti ma disabitati. (https://mediacalabria.it/rosarno-giu-il-palazzo-dei-pesce-a-7-anni-dalla-confisca-un-edificio-sottratto-alla-cosca-mafiosa-diventera-alloggio-per-i-migranti/)
  1. CASE IN CONTRADA SERRICELLA: all’interno dello stesso progetto regionale, sempre nel 2011 la Regione stanzia 3 milioni di euro, fondi europei PISU destinati alle zone ad alta densità di migranti, vincolati alle categorie svantaggiate. Si tratta di  5 palazzine, 36 alloggi ognuno da 6 posti, per un totale di circa 250, terminati 2 anni fa, ai quali mancano solo allacci di luce e acqua. (https://www.cosenzapost.it/striscia-la-notizia-a-rosarno-per-le-case-contese-agli-immigrati/)
  1. CENTRO POLIFUNZIONALE CONTRADA ‘DONNA LIVIA’ (TAURIANOVA): inaugurato nel 2016 per l’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati. Costato circa 650mila euro, con PON Sicurezza, non è mai entrato in funzione. (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/le-case-ci-sono-i-migranti-no)

 

Riguardo agli immobili di sua competenza, l’attuale sindaco di Rosarno già dal 2017 ha più volte manifestato, con grande eco a livello mediatico nazionale, l’intenzione di ridestinare almeno una parte dei suddetti alloggi per i rosarnesi in difficoltà, adducendo anche la necessità di creare integrazione e di evitare nuovi ghetti. Nonostante da più parti si faccia presente che non è tecnicamente possibile cambiare la destinazione d’uso di questi immobili, la giunta regionale sembra disponibile a questa operazione, come è trapelato dalle interviste degli ultimi giorni.

Non è chiaro, però, quanti tra i residenti del comune di Rosarno abbiano effettivamente bisogno di una casa. Peraltro, nel 2017 la Regione ha erogato finanziamenti per procedere alla costruzione di 10 nuove case popolari nel comune di Rosarno, ma pare che i lavori siano bloccati perché l’appalto è andato deserto, mentre l’intenzione sembra quella di venderne 12 già esistenti. E’ necessario in ogni caso verificare quanti sono gli iscritti alle liste per l’assegnazione di case popolari e chi ne abbia effettivamente titolo – probabilmente non raggiungono il centinaio. D’altra parte, chi vive nelle tendopoli non avrebbe diritto alle case popolari, non essendo residente a Rosarno (la tendopoli risiede come già detto nel comune di San Ferdinando).

Infine, nell’ambito del PON Sicurezza 2014-2020 sono stati stanziati nuovi fondi per ‘favorire l’inclusione sociale attraverso il recupero dei patrimoni confiscati e di altri beni del patrimonio pubblico’, ‘per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti’ e ‘per l’ospitalità dei lavoratori stagionali ed il contrasto al fenomeno del caporalato’. A quanto sembra, però, fino ad ora non si è andati oltre la manutenzione delle strade e alcune consulenze.