L’Immigrazione non è un Crimine, la Solidarietà non è un Reato!
Baraccopoli senza acqua, riscaldamento né corrente elettrica nel mezzo delle campagne, turni di lavoro nei campi di 10/12 ore al giorno, paghe da fame e contratti veri solo sulla carta, continue aggressioni, morti sulle strade o bruciati vivi in tende e baracche. Questi sono solo alcuni aspetti delle durissime condizioni in cui sono costrette a vivere (e morire) in Italia, e in particolare al Sud, migliaia di persone che provengono da altri paesi, dalla Romania al Senegal. Le loro condizioni lavorative assomigliano a quelle di molti italiani e italiane, aggravate però dalla mancanza di reti sociali e familiari e dal fatto di non essere cittadini, con tutto ciò che questo comporta in termini di accesso a servizi e tutele.
Da molti anni chi vive e lavora nelle campagne del Made in Italy, in particolare nella provincia di Foggia e nella Piana di Gioia Tauro, ha iniziato un processo di rivendicazione con le istituzioni – Comuni, Prefetture, Questure, Regioni, fino ad arrivare al Ministero dell’Interno. Obiettivo principale: avere un permesso di soggiorno, con il quale poter ottenere un contratto e magari poter cambiare lavoro, avere la possibilità di vivere in una casa oppure spostarsi altrove, e mille altre cose che molti danno per scontate. La sordità delle istituzioni davanti alla pur banale richiesta di garanzie minime, peraltro in gran parte previste dalla legge, ha spinto lavoratori e lavoratrici delle campagne e solidali ad intraprendere azioni di protesta, consapevoli che soltanto l’unione e la determinazione possono portare risultati.
Il 6 Dicembre 2019, con la solidarietà di decine di persone venute da diverse parti d’Italia, sono nuovamente scesi in strada, con un massiccio sciopero che ha portato al blocco sia dell’ingresso del porto di Gioia Tauro che della zona commerciale di Foggia e del vicino casello autostradale. Nonostante l’ulteriore inasprimento delle condizioni generali causate dagli effetti dei Decreti Sicurezza di Salvini, è stata costruita una forte e coraggiosa giornata di lotta, importante e necessaria per tutti, non solo per le persone immigrate: perché ogni miglioramento ottenuto da chi lotta è contagioso; così come ogni peggioramento delle condizioni di qualcuno è usato da chi sfrutta e trae profitto da questo stato di cose come deterrente, minaccia, gioco al ribasso per tutti gli altri. Quel giorno sia in Puglia che in Calabria ci sono state cariche e pestaggi da parte della polizia: a Foggia una persona è stata arrestata e rilasciata solo dopo essere stata violentemente picchiata, mentre a Gioia Tauro un’automobile ha investito diverse persone per forzare il blocco. Tra queste il più grave, dopo essere stato sommariamente visitato, è stato portato direttamente dall’ospedale al commissariato di polizia e denunciato.
Dopo qualche settimana è partita una martellante azione repressiva che continua tutt’ora. Chi vive nei ghetti ha subito schedature di massa, ogni volta con un pretesto diverso, con decine di volanti che hanno circondato le loro abitazioni. Chi ha portato solidarietà ai lavoratori delle campagne ha ricevuto fogli di via di tre anni da diversi comuni, denunce, avvisi orali e multe che vanno dai 1000 ai 4000 euro, oltre a continue forme di intimidazione nella vita quotidiana. Questa storia, come tante altre che accadono in Italia e non solo, racconta chiaramente la violenza del sistema: vivi da precario e sfruttato, ad un certo punto ti organizzi con quelli che stanno male come te per stare meglio e in tutta riposta non solo ignorano le tue richieste, ma vieni anche punito.
Evidentemente fa paura chi lotta per ottenere ciò che gli spetta, trovando la forza di non arrendersi nonostante lo sfruttamento, la violenza e l’isolamento. Fa paura chi affianca e sostiene queste lotte, perché capisce che sono anche le sue, sul lavoro e per la casa, che si portano avanti anche altrove. Ma fanno ancora più paura l’unione e il dialogo tra italiani e immigrati. Sono anni che questi ultimi vengono descritti come Il Problema, portatori di criminalità e ladri di case e lavoro (e magari anche di donne, trattate come merce di scambio e proprietà di qualcuno), mentre ci affossano con un mercato del lavoro tra i più precari d’Europa, l’assenza di servizi in molte zone del paese e un sistema scolastico e universitario lasciato senza fondi e strutture. Dobbiamo muoverci adesso perché ci stanno togliendo tutto, anche la possibilità di dire quello che pensiamo.
Anche se molti giornalisti lo dimenticano in fretta, è solo grazie a giornate di lotta come quella del 6 dicembre che il governo è stato forzato a fare la sanatoria o a modificare i decreti sicurezza di Salvini. Le modifiche approvate, però, sono talmente superficiali da risultare ridicole. Passano gli anni, e continuano i proclami di politici e sciacalli che si ergono a salvatori dei braccianti immigrati in TV, senza che poi nella pratica cambi nulla. Anzi, il Covid ha confermato come certe vite valgano più di altre, e come lo stato di emergenza offra un’ottima scusa per aumentare la violenza del controllo. “Per controllare il contagio”, centinaia di lavoratori delle campagne, positivi e negativi ai tamponi, sono stati rinchiusi tutti insieme in tendopoli pattugliate dall’esercito 24/7. Da Nord a Sud strutture che ospitavano i lavoratori stagionali sono state chiuse, costringendo le persone a dormire in strada. Ma violenze ancora più tragiche sono accadute nelle carceri e nei Cpr di tutto il paese. In tutti questi luoghi, le persone si sono ribellate, e ne hanno pagato le conseguenze.
La giornata del 6 dicembre, le rivendicazioni portate avanti e i problemi da sconfiggere, non sono mai stati così presenti. La lotta di quel giorno sta continuando e la solidarietà diventa sempre più urgente. Organizziamoci e sosteniamoci a vicenda, la solidarietà ha tante forme. Le lotte nei ghetti in Calabria e in Puglia, come altrove, vanno avanti e le persone che le animano si continuano a confrontare ed organizzare. Esiste da anni la Cassa di Solidarietà La Lima che sostiene e supporta economicamente e non solo, attraverso iniziative in tutta Italia, chi lotta, ma anche chi vivendo ai margini viene colpito dalla repressione. Inoltre, per fronteggiare le ingenti spese legali che dobbiamo affrontare c’è anche la possibilità di dare un contributo direttamente sul nostro sito campagneinlotta.org, attraverso il pulsante DONAZIONE.
È il momento di unire le forze, facciamo appello alla nostra rabbia, alziamo la voce per farci ascoltare davvero. No alla repressione, no alla criminalizzazione della solidarietà!
Documenti e libertà di movimento per tutti!
Comitato Lavoratori e Lavoratrici delle Campagne
Rete Campagne in Lotta