Foggia antirazzista e antisessista: i lavoratori e le lavoratrici delle campagne scendono di nuovo in piazza
Il corteo si è mosso dalla stazione ed è stato marcato da continui interventi e dal protagonismo di chi, in campagna, vive e lavora in condizioni di grave precarietà e sfruttamento. I/le migranti presenti, e in particolare una agguerrita componente di donne, hanno voluto comunicare alla cittadinanza foggiana che la loro lotta è una lotta di tutti e tutte, che solo unendosi e sostenendo chi combatte per condizioni di vita migliori si potranno cambiare i rapporti di forza ed avere la meglio su chi si arricchisce sulla vita delle persone. I problemi dovuti alla mancanza di casa, di lavoro, alle condizioni ormai diffuse di povertà sono spesso comuni a italiani e immigrati: è necessario quindi uno sforzo comune per riconoscere che il vero nemico sono le istituzioni e il sistema capitalistico che sfrutta e mantiene nell’illegalità. L’intento è stato quello di rovesciare la narrazione dominante del razzismo istituzionale che sempre più spinge a credere che gli immigrati siano il problema e i responsabili di un momento di difficoltà per tutti e tutte. Non sono mancate alcune reazioni positive e di sostegno da parte dei passanti, a dimostrazione del fatto che una genuina pratica antirazzista non può che passare dalla presa di parola diretta di chi il razzismo lo subisce tutti i giorni nei campi, nelle questure, nei centri di accoglienza e nelle strade di tutto il paese.
Il corteo ha raggiunto la prefettura dove siamo riuscite/i a strappare un tavolo con il commissario straordinario nominato dal governo, il prefetto, il capo dell’ufficio immigrazione e la vice questore, e la presidente della commissione territoriale per l’asilo. Riguardo ai documenti è stata riconfermata apertura e disponibilità nel proseguire il processo di regolarizzazione, anche se questo accordo è stato spesso disatteso, vedremo cosa succede.
Alla limitatezza delle promesse si è aggiunta l’incapacità e la mancanza di volontà di agire sui problemi strutturali; la “soluzione magica” che i rappresentanti del governo propongono è quella delle tendopoli e dei campi di lavoro stile Rosarno, secondo una logica militare-umanitaria che, oltre ad essere di per sé una soluzione disumanizzante, ha fallito ovunque sia stata già sperimentata. Oltre a questo, non è stata persa l’occasione per presentare la nuova Rete del lavoro agricolo di qualità, remake di trovate molto simili delle precedenti amministrazioni regionali puntualmente fallite, presentate come soluzioni alla piaga del caporalato e che passano per la logica della premialità alle aziende virtuose, dimostrandosi perdenti e miopi in partenza. Come i lavoratori e le lavoratrici sanno bene, per spezzare l’intera catena dello sfruttamento, che parte dalla GDO e finisce nei campi, non bastano specchietti per le allodole che assicurano soltanto visibilità politica a chi le propone, ma sono necessari documenti e contratti di lavoro regolari, che garantiscano la libertà di circolazione e di autodeterminazione della propria vita, e la possibilità di lavorare senza subire il ricatto dello sfruttamento.
Non possiamo che continuare a rivendicare con forza documenti per tutte e tutti, contratti, trasporti e case normali. Sappiamo che c’è ancora tanto da fare di fronte alla crudeltà e all’ipocrisia delle istituzioni! Le nostre richieste sono chiare, l’unica strada è l’autorganizzione, continueremo a lottare!
We need yes!