« La nostra lotta è la vostra lotta! »: questo recitava lo striscione che ha aperto il corteo dei precari auto-organizzati il 26 settembre a Foggia. Contratti di lavoro, casa e documenti, queste le rivendicazioni principali che hanno animato la giornata di mobilitazione, la prima nel suo genere. A sfilare in corteo sono stati infatti i lavoratori delle campagne, gli ambulanti, i disoccupati, sostenuti da altri lavoratori e lavoratrici precari/e, di diversi settori e di diverse parti d’Italia. Abbiamo sentito la necessità di protestare, ma anche di comunicare con la città di Foggia, facendo capire che solo unendo le rivendicazioni dei precari stranieri ed italiani si può immaginare un reale miglioramento dell’esistente.
La protesta, partita dalla piazza della stazione, ha bloccato il traffico della città fino ai palazzi istituzionali, prefettura e comune, dove abbiamo chiesto e ottenuto di incontrare la responsabile dell’Ufficio Anagrafe, riguardo il problema delle residenze per chi vive in luoghi non riconosciuti, come baraccopoli o casolari abbandonati, o semplicemente non ha un contratto d’affitto. Come comitato di precari auto-organizzati da tempo ormai portiamo avanti rivendicazioni precise. Abbiamo deciso di scendere in piazza a seguito delle mancate risposte istituzionali sulle questioni più urgenti che ci riguardano. È evidente dagli incontri avuti non solo in Comune, ma anche e soprattutto in Prefettura (ultimo in ordine di tempo quello tenutosi il 25 settembre alla presenza anche dei responsabili dell’ufficio immigrazione della Questura) e in Regione che le istituzioni creano ostacoli burocratici, in palese violazione della legge. Ciò produce irregolarità diffusa, di fatto impedendo a molti l’ottenimento e il rinnovo del permesso di soggiorno e quindi legittimando lo sfruttamento selvaggio – chi è irregolare in Italia non ha diritti, sul lavoro e non solo.
Abbiamo più volte denunciato come le politiche istituzionali mirino alla segregazione, non soltanto creando irregolarità ma anche con progetti come quello della tendopoli, che riproduce in una veste normalizzata quel ghetto che vorrebbe eliminare. Una macchina emergenziale che ingrassa le tasche di associazioni ed enti come la Protezione Civile, senza risolvere ma anzi esacerbando i problemi. La tendopoli di San Severo rimane vuota, e dei soldi che la Regione Puglia ha investito per il progetto ‘Capo Free, Ghetto Off’ non c’è traccia. Dove sono andati a finire quel milione e trecentomila euro stanziati dalla Regione? Perché non si possono investire per un sistema di trasporti verso i luoghi di lavoro, unica misura veramente efficace contro il caporalato? O per abitazioni degne di questo nome, che non facciano ridicole distinzioni tra stanziali e stagionali, e che non umilino i lavoratori con progetti di autocostruzione? E che ne è dei controlli sui luoghi di lavoro, o dei contratti stipulati a partire dalle tanto sbandierate liste di prenotazione?
Attendiamo ancora risposte. Fino ad ora solo qualche vaga e tardiva promessa, e nessuna volontà di ascoltare e agire davvero. Questi sono solo i primi passi di una battaglia che porteremo avanti senza esitazioni, anche quando i riflettori saranno spenti sulla Capitanata dopo la chiusura della stagione di raccolta. D’altra parte, questa è una battaglia che si ripropone identica in molti territori, e che coinvolge tutti e tutte, precari, disoccupati, studenti, italiani e stranieri, perché o i diritti sono di tutti o non sono di nessuno.
Comitato dei precari autorganizzati (Rete Campagne in Lotta)
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