Comunicato del Comitato Autorganizzato ‘La casa dei Lavoratori’
Pubblichiamo la piattaforma di richieste che presenteremo ai rappresentanti della Regione Puglia venerdì 29 agosto, a proposito sia del progetto ‘Capo Free, Ghetto Off’ che della situazione più generale riguardo casa, lavoro e documenti che coinvolge molti lavoratori e lavoratrici nella provincia di Foggia e oltre.
Siamo un gruppo di lavoratori stranieri, che almeno per parte dell’anno vivono e lavorano in diverse zone della Capitanata. Con il sostegno di altri lavoratori e lavoratrici provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa, chiediamo un incontro con i rappresentanti della Regione Puglia che si sono fatti promotori del progetto ‘Capo Free, Ghetto Off’. Intendiamo discutere delle misure intraprese dalle istituzioni fino ad oggi e avanzare proposte alternative, rispetto sia al progetto in questione che al problema più generale dello sfruttamento del lavoro nella regione. La nostra condizione non interessa soltanto chi vive nel Ghetto di Rignano, ma in tutto il territorio; non riguarda solamente il lavoro agricolo, ma si estende a diversi settori produttivi; e non coinvolge unicamente lavoratori e lavoratrici provenienti dall’Africa sub-sahariana, ma riguarda anche chi proviene dall’Europa orientale. Inoltre, a tali elementi si aggiunge anche un elevato tasso di disoccupazione e assenza di reddito.
Risalgono ormai a un anno fa i nostri incontri con Prefettura e Ispettorato del Lavoro di Foggia, durante i quali abbiamo chiesto maggiore impegno da parte delle istituzioni per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori agricoli nella provincia, soprattutto attraverso controlli più efficienti e scrupolosi. I problemi che tutti noi viviamo riguardano la casa, il lavoro e i documenti. Questi aspetti sono collegati tra loro, e per eliminare lo sfruttamento è necessario considerarli tutti insieme contemporaneamente. Si pensi alle migliaia di persone sbarcate e inserite in percorsi istituzionali di accoglienza sul territorio pugliese negli ultimi mesi. Come già chi è fuggito dalla Libia nel 2011, o chi ha perso il lavoro in conseguenza della crisi, costoro sono l’ennesimo potenziale esercito di forza lavoro a bassissimo costo e senza diritti.
Non c’è dubbio che la condizione di sfruttamento e marginalità che molti di noi vivono è anche conseguenza di politiche sociali e di gestione dei flussi migratori (sia di cittadini stranieri sia comunitari) che crea irregolarità, sfruttamento e ricattabilità. Oggi, di fatto, viene loro negato anche il diritto al gratuito patrocinio, in palese violazione del diritto internazionale d’asilo. Questo profila uno scenario in cui la maggioranza dei nuovi arrivati è destinata all’irregolarità. A ciò, si aggiunge il mancato rispetto della normativa sull’iscrizione anagrafica per i senza fissa dimora, che coinvolge tanto i cittadini comunitari quanto quelli extra-comunitari e contribuisce alla privazione di diritti fondamentali quali quello alla salute. Tale precarietà e ricattabilità sono funzionali ad un sistema produttivo che basa il suo profitto sullo sfruttamento della manodopera. È nel settore agricolo che si registrano le violazioni più gravi e diffuse, come è emerso a più riprese in questi anni attraverso ricerche, inchieste e reportage giornalistici, e anche attraverso le nostre rivendicazioni.
1. Progetto ‘Capo Free, Ghetto Off’ (Ghetto di Rignano)
Sebbene il progetto della regione tenga in considerazione tutte queste problematiche (casa, documenti, lavoro), le misure fino ad ora adottate si rivelano inefficienti, e in alcuni casi controproducenti. Ad oggi, è noto come non sia stata aperta alcuna posizione contrattuale a partire dalle liste di prenotazione raccolte fra gli abitanti del Ghetto di Rignano Garganico. È stata allestita una tendopoli che dovrebbe ospitare gli abitanti del Ghetto di Rignano, ma che rimane disabitata poiché non è stata fornita alcun tipo di garanzia rispetto alla possibilità di un’assunzione regolare né di trasporto verso i luoghi di lavoro. Inoltre, le tendopoli o i campi container non rappresentano una sistemazione più dignitosa rispetto ad una baraccopoli o ai casolari abbandonati. Vorremmo avere la possibilità di scegliere il luogo in cui abitare. Oltre a rappresentare un grande dispendio di denaro pubblico, riteniamo che il modello proposto attraverso il sistema-tendopoli riproduca forme di segregazione e marginalità come avviene in altre situazioni analoghe (ad esempio nel caso di Rosarno).
In fase di ideazione, il progetto di ‘svuotamento’ del Ghetto è stato portato avanti dalle autorità senza considerare il punto di vista dei diretti interessati. In fase di realizzazione, la Regione ha poi instaurato un dialogo non con tutti gli abitanti del Ghetto stesso, ma soprattutto con alcune delle persone che lì hanno interessi economici, tra cui l’intermediazione di manodopera. Questo ha accresciuto la marginalizzazione e vulnerabilità di coloro i quali svolgono lavori stagionali e sono costretti a spostarsi tra le diverse zone di raccolta, così come di coloro che risiedono in maniera più stabile sul territorio ma che non hanno accesso a forme regolari di impiego. La stessa distinzione tra stanziali e stagionali è del tutto fuorviante, poiché la nostra mobilità è indotta perlopiù dalla precarietà endemica che siamo costretti a vivere. Le misure previste dal progetto per i cosiddetti stanziali sono comunque insufficienti per garantire reddito a tutti coloro che ne avrebbero bisogno.
Infine, nel Ghetto di Rignano come in altri insediamenti analoghi (ad esempio Borgo Mezzanone, Borgo Tretitoli, Borgo Tressanti, per nominare soltanto quelli più estesi) esistono anche attività economiche di servizi alla persona (come la cucina, o la prostituzione) svolte dalle donne. Per loro non sembra essere stata adottata nessuna misura concreta atta a fornire alternative economiche e abitative valide.
In prima istanza, chiediamo quindi:
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di rendere pubblico l’ammontare dei fondi messi a disposizione dalla Regione per il progetto ‘Capo free Ghetto Off’, specificando le voci di spesa previste e l’ammontare già erogato.
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La sospensione della costruzione di nuove tendopoli e quindi l’utilizzo dei fondi residui in maniera più efficace e deliberata in accordo con i diretti interessati.
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Di rendere pubblici i risultati dei controlli incrociati che la Regione sostiene siano effettuati, a partire da quest’anno in maniera più efficace rispetto al passato, sui contratti di lavoro avviati, i contributi versati, l’estensione e il fatturato delle aziende controllate. Inoltre, chiediamo trasparenza rispetto ai fondi erogati dalla Regione all’Ispettorato del Lavoro proprio a questo scopo.
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Di chiarire in che modo la Regione si stia facendo carico delle persone sprovviste di permesso di soggiorno che risiedono al Ghetto di Rignano.
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Di rendere trasparente il processo attraverso il quale viene accordato il bollino etico ‘Equapulia’: quali requisiti vengono richiesti, lo stato delle pratiche di certificazione e i nomi degli enti incaricati di effettuarla.
2. Misure generali di contrasto allo sfruttamento del lavoro in Capitanata e in altre zone della Puglia
La questione dello sfruttamento, nelle campagne e non solo, della Capitanata è un problema diffuso su tutto il territorio come in altre zone della Puglia, e non prerogativa esclusiva del Ghetto di Rignano. Se ‘Capo Free, Ghetto Off’ è, nelle intenzioni dell’amministrazione regionale, un progetto pilota estendibile ad altre realtà, chiediamo chiarezza rispetto a tale prospettiva più ampia.
In particolare, chiediamo quindi:
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di rendere trasparente il sistema di controlli delle aziende su tutto il territorio provinciale e regionale, come già richiesto rispetto al progetto ‘Capo Free, Ghetto Off’.
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Di rendere trasparente il sistema di finanziamenti pubblici (della regione e di altri enti) per l’agricoltura, al fine di verificare se esistono i presupposti per il vincolo dei finanziamenti a controlli sul rispetto dei diritti dei lavoratori.
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Di veicolare i finanziamenti disponibili presso i vari enti interessati verso interventi realmente efficaci che escano da una logica meramente emergenziale. E’ urgente adottare misure riguardo i trasporti nei luoghi di lavoro e il diritto all’abitare, rendendo accessibile l’elenco delle strutture gestite dagli enti pubblici sul territorio che possano essere convertite ad uso abitativo.
Alla luce di quanto detto, si richiede l’avvio di un tavolo permanente che riunisca i rappresentanti degli organi competenti, incluse le parti datoriali, sia su un piano di politiche del lavoro che di politiche dell’immigrazione e sociali, per la realizzazione del quale è imprenscindibile la presenza dei lavoratori.
Comitato Auto-organizzato ‘La Casa dei Lavoratori’