NON C’È NIENTE DI SPECIALE IN QUESTA PROTEZIONE: SOLO UN’ALTRA CASELLA NEL GIOCO DELL’OCA DELLO SFRUTTAMENTO

Da alcuni mesi molte persone senza documenti, con permessi provvisori o in attesa di sapere da un tribunale o da una questura quale sarà la loro sorte, da tutta Italia si stanno riversando in provincia di Foggia dove, si è sparsa la voce, si può ottenere un permesso di soggiorno. Sin da prima dell’alba, file interminabili (parliamo di centinaia di persone) si formano davanti all’ufficio immigrazione ma anche agli studi di avvocati, alle sedi dei CAF, dei patronati, di associazioni e simili (più o meno riconosciuti) che si occupano di istruire le pratiche – ovviamente, nella maggior parte dei casi, a pagamento. Si parla di cifre che vanno dai 50 ai 600 euro per una semplice richiesta scritta, roba di 5 minuti. Molti passano notti all’addiaccio, e in molti casi sono costretti a fare la spola più volte con le città dove vivono, anche a centinaia di chilometri di distanza, nella speranza di ottenere un appuntamento, spesso e volentieri venendo ripetutamente rimbalzati dai poliziotti (e dai vari “professionisti”), che continuano a recitare un mantra arcinoto a chi ha a che fare con questi uffici: “torna la prossima settimana”. Ma crudeltà e razzismo a parte, la mole di richieste sembra aver rallentato il passo della questura e di chi le passa le carte, che inizialmente era piuttosto spedito.

In realtà, le richieste fanno capo ad una possibilità di fatto apertasi nel luglio scorso con una circolare ministeriale, che interessa quindi tutto il territorio nazionale, ma di cui poco o nulla si è saputo dai canali ufficiali, vista l’assenza di informazioni trasparenti. Dopo le modifiche apportate nel 2020 ai decreti sicurezza del 2018, la circolare ammette apertamente la possibilità che un permesso per Protezione Speciale possa essere richiesto direttamente alla questura, senza presentare una domanda di asilo. In questo senso, si re-istituisce un doppio binario che già esisteva con il permesso per motivi umanitari, abolito dalla legge Salvini e sostituito con la Protezione Speciale, appunto. Si tratta di un documento rilasciato a chi viene ritenuto inespellibile in quanto “integrato” – un’espulsione lederebbe il diritto alla vita familiare e privata, garantito (salvo questioni di sicurezza, sia chiaro) da trattati e convenzioni internazionali oltreché dalla costituzione italiana. Insomma, il governo cerca di mettere una pezza ad un sistema che prima costringe le persone a rischiare ripetutamente la vita, la detenzione, lo stupro e la tortura, magari indebitandosi per arrivare in Europa, per poi dover presentare domanda di asilo nella speranza di regolarizzarsi e quindi attendere mesi e spesso anni interminabili, a farsi sfruttare per pochi euro. In questi anni, le centinaia di migliaia di persone che hanno subito questa sorte e che però non hanno avuto la grazia di ricevere un permesso spesso, in effetti, si sono faticosamente costruite una vita in Italia, e ora che la manodopera scarseggia in vari settori potrebbero fare comodo, ma devono avere uno straccio di documento perché così si mantiene la facciata di rispettabilità che tutto il mondo ormai ci chiede.


E allora, perché tutti a Foggia? Le ragioni sono molteplici. Da un lato, molti raccontano che in altre questure semplicemente la possibilità di presentare la domanda viene negata, e che sportelli, avvocati e simili non sono a conoscenza della circolare. C’è poi il fatto che a Foggia alcuni professionisti del business sull’immigrazione sembrano particolarmente “sciolti” nell’assicurare la riuscita della richiesta, o se non altro nell’effettuarla, alimentando così non solo le speranze di chi aspetta da anni una regolarizzazione ma anche il proprio conto corrente, anche perché nel caso di un rigetto si può sempre presentare ricorso…Ma il passaparola, così come il fatto che la questura di Foggia si stia stranamente dimostrando più solerte di altre nell’avviare le pratiche, è sicuramente il frutto anche di una lotta ormai decennale. Alla questura di Foggia conviene approfittare di questa regolarizzazione alla chetichella, dopo il fallimento della sanatoria strappata con le lotte e la mancata nuova regolarizzazione promessa dal precedente governo (la cui ministra dell’Interno però ha mantenuto saldamente l’incarico). Non solo si cerca di evitare una nuova ondata di proteste, ma si fa anche un favore a tutti quei datori di lavoro (agricoltori ma non solo) che hanno bisogno di manodopera, ma non vogliono rischiare multe e sanzioni anche penali per aver impiegato lavoratori irregolari.

In effetti, se i contratti a tempo determinato in agricoltura permettono ai datori di lavoro di barare a piacimento su giornate e date di assunzione, essendo contratti a zero ore che possono essere registrati anche tre mesi dopo l’assunzione, e quindi sono una garanzia a costo zero in caso di controlli, il Ministero dell’Interno ha fatto il resto, specificando, in una successiva circolare, che il permesso per protezione speciale rilasciato dalla questura non potrà essere convertito in un permesso per motivi di lavoro. Sembrerà un cavillo, ma non lo è. La convertibilità della protezione speciale, inizialmente negata dalla legge Salvini, era stata istituita dalle modifiche approvate nel 2020. La conversione significa la possibilità per chi mantiene la regolarità sul territorio di ottenere un permesso a tempo indeterminato, valido in tutta Europa, cosa che con la protezione speciale non è possibile. Un salto di qualità non da poco. Ma non è tutto. Con una protezione speciale non si può chiedere il ricongiungimento con i parenti/affini di primo grado (alla faccia del diritto alla vita familiare), e non si ha accesso a diversi istituti previdenziali, sussidi e garanzie (tipo le case popolari, per citare l’esempio più eclatante).

Insomma, un permesso a costo zero per stato e padroni, che ancora una volta avrà l’effetto di trainare al ribasso le condizioni di tutta la classe lavoratrice – peraltro ottenuto con fatica e a costi elevati, dopo anni di abusi da parte di questure e affaristi vari. Per questo, e per continuare a chiedere l’abolizione delle leggi sull’immigrazione nel loro complesso, saremo presto di nuovo in strada.

L’immigrazione non è un crimine, la solidarietà non è un reato! Documenti per tutte/i, repressione per nessun*!