La logica della concorrenzialità dell’USB sulla pelle di chi lotta nelle campagne!

Come compagn* siamo costrett* a prendere parola in una modalità che non ha mai contraddistinto il nostro agire politico, incentrato da anni sul sostegno alle mobilitazioni delle persone che vivono e lavorano nelle campagne e non certo a criticare l’agire di altr* o a rivendicare qualsiasi paternità o identitarismo.

In queste settimane sono però accaduti alcuni fatti estremamente gravi, che rischiano di minare la forza di queste lotte. Successivamente allo sgombero del Ghetto di Rignano nella provincia di Foggia e alla morte di Mamadou e Nouhou, che durante questo sgombero hanno perso la vita, e sulla scia della generale stretta repressiva che il governo sta portando avanti per mano del Ministero dell’Intero, sono state spese molte parole e si è dato vita ad interventi sul territorio che denotano superficialità e miopia. In particolare, l’Unione Sindacale di Base (USB) ha convocato assemblee pubbliche e appuntamenti di piazza non solo in relazione al Ghetto di Rignano, ma anche nel comune di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro. Entrambi territori dove da anni le persone lottano per migliorare le proprie condizioni di vita. Gli incontri dell’USB sono stati calati dall’alto, senza la minima volontà di relazionarsi con chi vive e lotta in questi territori e con chi sostiene queste mobilitazioni, che pure più volte ha tentato di costruire un’interlocuzione con il sindacato.

La determinazione con cui sono state intraprese le battaglie contro confini e sfruttamento è arrivata fino a Roma, dove la costruzione di una rete nazionale ha portato in piazza migliaia di persone, il 12 novembre a parlare con il Ministero dell’Interno. In Puglia come in Calabria gli interventi dell’USB, finalizzati esclusivamente a piazzare la propria bandierina sul territorio, hanno avuto il grave effetto di svendere le vittorie ottenute con intense mobilitazioni. Respingendo ogni proposta di collaborazione da noi più volte avanzata nel tentativo di unire le forze per supportare l’autorganizzazione e le rivendicazioni di chi vive e lavora nelle campagne, l’USB continua a fare il doppio gioco con i lavoratori, millantando – senza fornire alcuna prova – promesse da parte del Ministero che assicurerebbero l’ottenimento dei permessi di soggiorno a patto che si smetta di organizzare manifestazioni. L’unico scopo di questa manovra risulta essere quello di calmare gli animi ed evitare a tutti i costi il procedere delle mobilitazioni. Mobilitazioni che in questi anni hanno visto un aumento della consapevolezza e dell’organizzazione, oltre che un allargamento del fronte di lotta a livello nazionale, e attraverso cui le persone sfruttate sono riuscite ad interloquire con le istituzioni e rivendicare documenti, contratti regolari ed alloggi.

La lotta di chi abita nei ghetti non si ferma e non si lascia strumentalizzare: nell’ultima assemblea nazionale avvenuta a Napoli il 2 aprile gli stessi lavoratori, che vivono nei diversi insediamenti del foggiano e della Piana di Gioia Tauro, hanno espresso estrema preoccupazione per l’attività ambigua e dannosa dell’USB, che non si fa scrupoli ad utilizzare ed assoldare persone che vivono all’interno degli stessi ghetti per avere maggiore capacità di terrorizzare e convincere a desistere chi vuole lottare. Gli stessi lavoratori in quell’assemblea hanno ritenuto opportuno denunciare con forza ciò che sta avvenendo, mettendo in guardia gli abitanti degli insediamenti di tutta Italia e facendo appello all’unità delle lotte e all’autorganizzazione, unica vera arma contro lo sfruttamento.

Respingiamo quindi con forza il gioco al ribasso che l’USB sta portando avanti, per costruirsi una legittimità sui territori dove oggi c’è maggiore attenzione mediatica. Questo approccio si gioca sulla pelle di chi lotta e a scapito di percorsi faticosamente costruiti e portati avanti negli anni.

Come sempre, saremo a fianco di chi lotta, sosterremo le future mobilitazioni e non permetteremo che continui questo scempio senza fare sentire forte e chiara la nostra voce.