Ghetto di Rignano: nessun* è sol* davanti la violenza dello Stato.

Dal 28 febbraio, quattro giorni di assedio delle forze dell’ordine hanno coinvolto i 700 abitanti del Ghetto di Rignano in una maxioperazione di sgombero. Nonostante i tentativi di deportazione forzata, e le false promesse di documenti e lavoro a chi avesse abbandonato volontariamente il Ghetto, le persone lì presenti non hanno accettato di lasciare le loro case senza una reale alternativa immediata e praticabile. 



Durante quei giorni di resistenza, un corteo ha raggiunto Foggia per ribadire ciò per cui nei ghetti della provincia si lotta da anni: documenti, casa e contratti di lavoro. 
La Prefettura, obbiettivo dei e delle manifestanti, ha risposto alzando l’ennesimo muro, promettendo la demolizione totale del Gran Ghetto con l’intervento militare: la notte del 3 marzo, durante le operazioni di sgombero muoiono due persone, Mamadu Konate e Nouhou Dumbia, bruciate vive mentre dormivano.

Sin dalle prime ore, gli abitanti del Ghetto hanno raccontato la responsabilità delle forze dell’ordine in quell’incendio, considerando le fiamme che hanno distrutto le baracche come una strategia di sgombero.
 Quella accidentale, è la versione su cui invece concordano la stampa e le istituzioni coinvolte.

 Nonostante la morte di Mamadu e Nouhou, la deportazione non si è fermata e diverse centinaia di persone sono state divise tra due spazi di proprietà della Regione: all’ex Arena, nella periferia di San Severo, stipate in dieci in una stanza senza i servizi minimi; e a “Casa Sankara”, nel mezzo della campagna, dove sono state già allestite delle tende.

Tutto questo lascia facilmente presagire la creazione di nuovi campi, centri di accoglienza, tendopoli e nuovi sgomberi.
La Regione Puglia, la Prefettura e la Questura di Foggia sono responsabili di quanto è accaduto, così come il Ministero dell’Interno che, per “risolvere il problema”, è intervenuto con tutta la sua violenza. Attraverso lo sgombero, l’uccisione e la deportazione in altri ghetti, lo Stato ha attaccato duramente il percorso di lotta e rivendicazione che da anni gli/le abitanti del Ghetto di Rignano, e non solo, stanno portando avanti per una vita desiderata. Quella lotta è anche la nostra.

In questo momento, a Roma, è in corso un’occupazione simbolica della sede della Regione Puglia, in via Barberino, in solidarietà e sostegno alle lotte dei/delle bracciant* e di tutte le persone che vivono nei ghetti in tutta Italia, prigioniere dei CIE e delle leggi sull’immigrazione.

BASTA MORTI, SGOMBERI E DEPORTAZIONI