“Basta uccidere la nostra gente! Senza paura: documenti, trasporti e contratti”

Chi vive nei Ghetti conosce i responsabili delle stragi degli ultimi giorni

In questi giorni che hanno succeduto le tremende tragedie che hanno visto la morte di 16 persone, oltre al dolore, si è aggiunta l’amarezza per le tante parole spese per dare delle spiegazioni a quanto successo.
Come troppo spesso accade quando ci sono degli avvenimenti come questo, si mette in moto la macchina che punta il dito contro il rivale di turno: sindacato contro sindacato, agricoltori contro la Regione, la Regione contro i “caporali”. Chi ci rimette, in questo teatrino, sono le persone direttamente interessate, chi vive nei ghetti e lavora nei campi: per un giorno o due, tutti i giornali parlano di loro, ma della loro voce non c’è traccia.
Nessuno gli ha concesso questo spazio, allora hanno deciso di prenderselo da soli. Così, nella giornata di ieri, una manifestazione spontanea è partita da Borgo Mezzanone, per rispondere immediatamente ai tragici morti di Sabato e Lunedì, per gridare a chi vive a Foggia la rabbia per i fratelli che non sono più in vita. Più è più volte hanno scandito al megafono: “Perché aspettate che scendiamo in strada per starci a sentire? Perché vi accorgete di noi solo dopo i morti?”. Lontano da rappresentanti autoprolamatisi o presunti sostenitori dei loro interessi, il gruppo che ieri ha attraversato la città, organizzatosi come Comitato Lavoratori e Lavoratrici delle Campagne, nasce dalle assemblee che da più di 3 anni si svolgono all’interno degli insediamenti abitativi della Capitanata. Queste persone da anni rivendicano dei diritti puntuali: l’accesso al documento, la garanzia della casa e del trasporto, contratti e miglioramenti salariali, di condizioni di vita e lavoro. Ieri l’hanno detto chiaro e tondo: se queste rivendicazioni fossero state messe in pratica, le tragedie di questi giorni sarebbero state risparmiate. I responsabili per queste morti non sono di certo quelli che ci raccontano.

“La colpa è dei padroni e dei sindacati”

Chi si è espresso in queste ore sui giornali l’ha fatto per difendere il suo (a volte decennale) operato nel settore, o con ipotesi quantomeno fantasiose. Da un lato c’è chi incolpa esclusivamente i caporali e il caporalato, uno dei principali trend quando si parla di sfruttamento in agricoltura, nell’ignoranza di come funzionano queste figure di intermediazione che ottemperano alla domande del trasporto e dell’ingaggio nel lavoro agricolo. Dall’altro chi invece ne nega l’esistenza, demandando ogni colpa al razzismo mainstream e del nuovo governo, dimenticando che i 16 morti di questi giorni si accodano alle centinaia di persone che da anni (sotto qualsiasi governo) muoiono sulle strade di questa provincia, perché occupate a trovare mezzi di fortuna per poter raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa, in assenza delle dovute alternative.

BASTA UCCIDERE LA NOSTRA GENTE - Foggia 7 agosto 2018
BASTA UCCIDERE LA NOSTRA GENTE – Foggia 7 agosto 2018

Paradossalmente anche i figuri di potere, chi lo detiene tuttora, o chi lo ha detenuto in questi anni, si accusa vicendevolmente. La Regione Puglia accusa le aziende di essere sotto scacco del racket dei caporali: anche la Regione dimentica che il trasporto a lavoro (in assenza di possibilità da parte delle aziende) è dovuto alla stessa Regione e che il milione di euro stanziato due anni fa dall’Assessorato alle Politiche Migratorie è stato utilizzato per la realizzazione di campi di lavoro e di strutture dove destinare le persone dopo lo sgombero del Ghetto di Rignano (che, tra l’altro, ancora esiste ed è il posto da dove venivano la maggior parte delle persone morte). Ancora più assurda risulta la risposta dei sindacati confederali e delle associazioni di categoria, che incolpano il mancato stanziamento dei fondi da parte della Regione, quando hanno puntualmente rifiutato di trovare soluzioni congiunte e realizzabili per risolvere il problema del trasporto. Hanno preferito piuttosto una (non)soluzione di facciata, quella del bollino etico, continuando in realtà ad utilizzare quegli intermediatori che loro stessi condannano, per poter tenere nei campi le persone a lavorare.

“Vogliamo trasporti, contratti e documenti”

Di fronte a questo gioco dello scaricabarile, ci sono le rivendicazioni portate avanti dai lavoratori e dalle lavoratrici delle campagne in questi anni: quello del trasporto è un problema che devono risolvere, così come previsto da contratto collettivo nazionale e dai contratti provinciali agricoli, i datori di lavoro, e in caso di incapacità di queste, la Regione di competenza. Al di là del contratto nazionale, i lavoratori e le lavoratrici lottano da anni per il trasporto a lavoro e la sistemazione alloggiativa, attraverso cortei, blocchi stradali, scioperi: la grande giornata di lotta dell’Agosto 2016 che ha portato al blocco di 8 ore della Princess, una delle principali industrie di trasformazione del pomodoro, avanzava anche questa rivendicazione fondamentale. Casa e trasporti continuano a essere negati dai veri responsabili della situazione attuale: le associazioni di categoria, non solo degli agricoltori, ma anche dei trasformatori e della Grande Distribuzione Organizzata che fanno ogni anno utili miliardari, intascati da chi impone i prezzi dei prodotti e da chi, strozzato da questi prezzi, sottopone i lavoratori a regimi di iper-sfruttamento.
Ci vorrebbe davvero poco, però – lo sappiamo – ai padroni non si può chiedere nulla. Lo hanno dimostrato i mesi di incontri svolti presso la Regione Puglia e presso la Prefettura di Foggia, in cui il Comitato Lavoratori delle Campagne ha proposto numerose soluzioni alternative, come ad esempio la possibilità di poter costituire delle cooperative di lavoratori delle campagne che, con uno stanziamento di fondi dal padronato o dalle istituzioni, potevano occuparsi direttamente del trasporto a lavoro con soluzioni idonee ai lunghi viaggi da affrontare nelle campagne.
È evidente che la volontà di tutti coloro che si sono espressi in queste ore rimane l’esclusiva difesa dei propri interessi, oppure (ma cambia poco) il desiderio di passare per paladini di chi vive nei ghetti, per accumulare in realtà del capitale politico di fronte ai “democratici antirazzisti” dell’ultima ora. Ancora una volta, si vuole far scomparire del tutto la voce e le volontà delle persone direttamente interessate. Noi sappiamo da che parte stare: non ci interessano le sfilate né questi giochini di potere, ma continuiamo a sostenere la forza e la capacità di organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici, il loro protagonismo diretto e la loro lotta.